Un’altra vita per una vita oltre

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– di fr. Francesco Scaramuzzi

«Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza», ci ammoniva Dante. Quali sono le passioni che muovono il nostro cuore? Come rispondiamo all’amore di Dio nella nostra vita? Come questo amore lo riversiamo sugli altri? Troppo spesso le relazioni tra persona e persona, tra popolo e popolo, invece che dall’amore, sono segnate dall’egoismo, dall’ingiustizia, dall’odio, dalla violenza!

 

Sono le piaghe dell’umanità, aperte e doloranti in ogni angolo del pianeta, spesso ignorate e talvolta volutamente nascoste, che attendono di essere lenite e guarite dalle piaghe gloriose del Signore Risorto (cfr 1 Pt 2,24-25) e dalla solidarietà di quanti, sulle sue orme e in suo nome, pongono gesti d’amore, si impegnano fattivamente per la giustizia e spargono intorno a sé segni luminosi di speranza.

Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”, ci esorta S. Paolo. Le “cose di lassù” non sono le cose di un qualche asteroide perso tra le stelle, dove passare l’eternità a suonare l’arpa, svolazzando tra cespugli fioriti al suono di strumenti melodiosi. Le cose di lassù sono i valori alti, quelli che vanno posti in cima a tutto, al di sopra di tutto: la verità, la bontà, la giustizia, la fraternità, la libertà. Una vita vera e piena, una vita alta e altra, è già l’inizio dell’oltre vita.

Viene da chiederci allora il perché dell’affievolirsi della testimonianza cristiana nella cultura e nei vari ambiti delle realtà temporali, il perché dell’allontanarsi di molti nostri amici dalla Chiesa, il perché di una messa in discussione radicale di temi etici sui quali pensavamo di poter trovare una forma di dialogo convergente e costruttivo.

È certo che i valori del Vangelo non vanno soltanto difesi, vanno altresì vissuti ‘pagando’ di persona, con scelte di vita forti e radicali, con sapienza e con intelligenza, con audacia e con franchezza.

Nella storia della Chiesa, che ha conosciuto e conosce pagine dolorose di tradimenti e di infedeltà, risplende luminosa la forza e l’esempio di tanti santi, promotori di giustizia, animatori di pace, operai di carità, che hanno attinto dalla Croce gloriosa di Cristo la forza per essere fedeli a Dio fino al dono di se stessi.

Questa è stata in sintesi l’esistenza di Padre Pio. Ricordandone in questo mese, il 25 maggio, la sua nascita terrena celebreremo una solenne Eucaristia, spezzando insieme quel Pane che ci fa vivere di Gesù, che ci genera alla vita eterna. Non ci estranea dalla storia di quaggiù, ma ci fa camminare nel tempo “come vivi tornati dai morti” (Rm 6,13), come uomini già risorti.

È vero che l’Eucaristia non ci impedisce di morire, ma opera in noi quello che avviene con la consacrazione del pane: una trasformazione radicale. Facendoci morire con Cristo, l’Eucaristia ci consacra nella sua Pasqua e la morte diviene una nascita filiale. Ora, quando la morte si trasforma in una nascita, la vita va oltre, diventa eterna. E sottolineava Padre Pio che: «I figli del secolo dichiarano che la presente vita non si deve considerare per l’eternità; ma i figli di Dio toccano con mano questa verità in tutta la loro esistenza» (Ep.IV, 247).

Troppo spesso però oggi perdiamo di vista questi preziosi insegnamenti. Viviamo in una società, non a caso definita da Bauman “liquida”, dove tutto cambia molto velocemente. Non facciamo in tempo ad affrontare una situazione che, nel frattempo, la realtà è già diversa e i nostri strumenti diventano subito inadeguati. “Gratificazione istantanea” e “felicità individuale” hanno, poi, svilito gli ideali. Non esistono più valori per i quali sacrificarsi ed impegnarsi, non c’è più bisogno di martiri ed eroi per difendere un’idea. Cercare però di comunicare ciò che viene definito il sistema di valori cristiani senza far riferimento alla persona di Gesù Cristo, al nostro bisogno di pentimento, di  perdono, di ricevere il Suo Spirito e di far parte del Suo corpo, è intraprendere lo stesso una via malsana. Non è facile, infatti, amare di un amore profondo, fatto di autentico dono di sé. Questo amore si apprende solo alla scuola di Dio, al calore della sua carità, che ci fa guardare i fratelli con occhi nuovi, in atteggiamento di gratuità e di condivisione, di generosità e di perdono. Padre Pio era convinto che nel cammino alla santità ciò che non è amore o non conduce all’amore è un perditempo, se non un illusione ed esortava a rimuovere positivamente gli ostacoli, abbandonandosi pienamente a Dio: «In alto, in alto i cuori. Assorgiamo fino al trono di Dio; qui non si combatte con la fortezza del corpo, ma con la virtù dell’anima» (Ep.II,517).

Eleviamo allora la nostra vita terrena invocando dal Signore robustezza spirituale e coraggio nel lasciarci condurre da Lui, confortati dalle parole di Padre Pio: «Vivete tutto in Gesù, perché egli ama grandemente la vostra anima» (Ep.I, 975).

 

 

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