L’unica vera profezia: la sua venuta

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di fr. Francesco Scaramuzzi

Ricordate programmi, come “Miracoli” tornato di nuovo in onda, in cui determinati fenomeni venivano analizzati e sviscerati cercando di capire razionalmente o meno la loro autenticità? Ultimamente sono uscite anche due fiction come “Il tredicesimo apostolo”, e “Il Restauratore” che hanno seguito lo stesso filone tematico con grandi ascolti di pubblico. Dai tempi del “Segno del comando” questo genere televisivo ha sempre sfondato. E ci chiediamo il perché? Forse è insito nella natura dell’uomo, questo desiderio di cogliere l’oltre, l’altro, che si spera si nasconda dietro gli eventi.

Quest’anno poi, pure bisestile neanche a farlo apposta, oltre crisi, recessione e tasse, rischia di regalarci un tormentone sulla fine del mondo con la profezia dei Maya, o quella che viene loro attribuita. Un po’ come talune previsioni di Nostradamus. Non dimentichiamo che il celebre francese, ancora con molto credito, è stato pessimo astrologo e maestro di ambiguità. Purtroppo è passato alla storia, ma nessuno ricorda che Laurent Videl nel 1558 l’ha smascherato dimostrando che dal punto di vista scientifico commise grossolani errori di calcolo riguardo ai profili matematico-astronomici. Inoltre le sue predizioni altro non sono che esempi di chiaroveggenza retroattiva. In altri termini, le quartine sono scritte in un modo così ambiguo che chiunque, a posteriori, può leggere in esse ciò che meglio crede. E le uniche tre volte in cui ha indicato una data precisa per le sue profezie si è clamorosamente sbagliato: nel 1732 predisse la totale distruzione della specie umana, nel 1792 il culminare di una lunga e selvaggia persecuzione religiosa che non c’è mai stata, e la fine del mondo per il 1999. Se poi ci aggiungiamo la profezia di Malachia sulla lista dei Papa e sul pontificato dell’ultimo di questi che a breve terminerà con la distruzione di Roma, penso che veramente abbiamo raggiunto il colmo. Non potevano mancare profezie attribuite anche al nostro Padre Pio, ovviamente false. E non scordiamoci dei tantissimi medium che leggono le mani, le carte, fanno oroscopi, o guardano nelle sfere di cristallo, e che pretendono di essere capaci di predire futuri eventi. Ma noi certamente non chiamiamo tutto questo “Profezia”.

Le Profezie sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento sono sempre portatrici di un messaggio di speranza. Anche quando è intesa come un castigo o come un avvertimento agli Israeliti di una imminente sconfitta e schiavitù perché hanno abbandonato Dio, il messaggio reca in sé sempre una rassicurazione che in caso di ritorno a Dio egli ritornerà a loro e li farà liberi.

Per un credente il vero proposito della Profezia è quello di rafforzare, ammonire e stimolare, incoraggiare e sollevare dal dolore e dallo sconforto, e di abilitare il popolo a conoscere e capire il volere di Dio per se stesso. Lo scopo della Profezia è soprattutto quello di edificare il cristiano ad essere retto e ben saldo nella fede. È fonte di continue motivazioni per resistere, per non cedere nei momenti di difficoltà, per non cadere nella tristezza, nella rassegnazione; anche quando è parola dura è pur sempre parola che trasforma, che non lascia mai indifferenti. Ha sempre un fine positivo. Se noi sappiamo quello che succederà nel futuro sappiamo anche come vivere meglio nel presente. Se, al contrario, l’effetto della Profezia è confusione, condanna o scoraggiamento, non può essere accettata e in certi casi deve essere fortemente rigettata per prevenire che l’angoscia prenda possesso nella nostra vita.

Attraverso la profezia, Dio parla, istruisce, sollecita, ammonisce, ma crea soprattutto un dialogo. «Ogni discorso cristiano – afferma Benedetto XVI – parte sempre dall’evento della Risurrezione» il quale è in stretto rapporto sia con il tempo presente, nel quale si costruisce il Regno di Dio, sia con il futuro, quando “Cristo consegnerà il Regno al Padre”. Tuttavia, sottolinea il Pontefice: «L’attesa della parusia di Gesù non dispensa dall’impegno in questo mondo, ma al contrario crea responsabilità davanti al Giudice divino circa il nostro agire. Se ci guardiamo intorno sentiamo rapporti pieni di violenza, dispute politiche, scandali,  agitazioni sul lavoro, guerre, crimini e ogni tipo di degrado. La domanda che ricorre con apprensione è “dove stiamo andando?”. Leggiamo, vediamo e ascoltiamo notizie drammatiche con timore e incredulità che queste cose possano succedere per davvero.

Il messaggio essenziale è questo: «il nostro futuro è ‘essere con il Signore’, ma in quanto credenti, nella nostra vita noi siamo già con il Signore».

In Cristo il mondo futuro, la vita eterna è già cominciata. Lui è la certezza che vince ogni tipo di paura, compresa quella della morte.

 

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